Storia di Frangisca
di
Nino Romeo
la narratrice
Graziana Maniscalco
con
Daniela Alfonso
Elisa Novelli
Elena Ragalia
regia
Nino Romeo
scene e costumi
Umberto Naso
Musiche
Franco Lazzaro
Presso un popolo antico è in uso che ogni maschio, appena nato, venga affidato ad una fanciulla che lo alleva come fosse figlio suo, per diventarne poi la sposa. Così Frangisca, una ragazza di dodici anni, nel giorno del suo menarca, viene condotta all’alba, dapprima alla grotta del fidanzamento dove sette vergini la purificheranno e la orneranno con preziosi gioielli; poi alla grotta della nascita dove assisterà al parto di Torozza; il neonato che le viene consegnato, Peppino, diverrà il suo figlio/marito.
Frangisca conduce Peppino alla capanna che la gente del villaggio ha costruito per loro: il bimbo cresce sano e forte, allattato da una capretta. Un mattino Frangisca si sveglia ed assiste alla prima polluzione del suo Peppino: turbata, corre dalla madre che la rassicura annunciandole che ora potrà congiungersi con colui che ha allevato come figlio. Prima che avvenga l’unione tra i due, però, Peppino dovrà partire per il bosco e cercare il patrozzo: questi gli darà le indicazioni per superare le difficili prove che lo attendono e gli donerà un cavallo bianco e una potente spada: ma, soprattutto, gli insegnerà a credere nelle proprie risorse. I doni e gli ammonimenti del patrozzo consentiranno a Peppino di affrontare il fiume profondo e torbido; quindi l’alto monte calvo. Superati questi, Peppino si ritrova in un deserto cosparso di ossa umane -i resti di coloro che hanno tentato l’impresa prima di lui-; affronterà il drago e la mamadraga; infine, sosterrà la lotta più ardua, quella contro il grosso serpente. Vittorioso, Peppino può tornare al proprio paese, ritrovare Frangisca e unirsi a lei. Un giorno giunge al paese una carovana di comici: rappresentano la storia di Stranìa -versione popolare del mito di Medea-; ed è la stessa Stranìa a raccontare la propria storia. Peppino resta ammaliato da Stranìa; e quando i comici ripartono, si unisce a loro. Frangisca parte alla ricerca di Peppino: lo ritrova dopo un lungo peregrinare e lo convince a tornare con lei. Ma Stranìa invoca il padre Sole che, con un raggio, afferra Peppino e lo trascina dall’altra parte del mondo. Frangisca ritorna al suo villaggio: ed è ancora lì, ormai vecchia, a scrutare l’orizzonte in attesa che il figlio/marito torni da lei.
Struttura del racconto
Il racconto riassume molteplici tensioni narrative. Antropologica e mitica, lirica e rituale, quotidiana e fantastica, la storia di Frangisca procede assecondando a volte, a volte stravolgendo l’architettura del cuntu di tradizione popolare siciliana e del racconto di fate (come da definizione di Propp), in una riscrittura drammaturgica originale.Il testo prevede che la storia di Frangisca sia raccontata da un personaggio maschile, il Fromboliere (nelle edizioni proposte in numerosi Festival italiani dal 1994 al 1996, era interpretato dallo stesso Romeo). Per l’edizione che presenteremo nel 2005, Nino Romeo ha trascritto il racconto in versione femminile. La Narratrice (Graziana Maniscalco) apparirà all’inizio come una donna informe, fuori dal tempo, incrostata di fango, decrepita. Un gruppo di donne, nel magazzino/laboratorio in cui la pièce sarà ambientata per questo allestimento, provvederà a lavarla accuratamente, a tagliarle i capelli, a liberarla dalle bende che le avvolgono il corpo, a cucirle gli abiti e a vestirla: così, alle ultime battute, la Narratrice si manifesterà una giovane donna dei giorni nostri.
Il linguaggio
In Frangisca si incontrano, si fondono, si scontrano fonemi, parole, sintassi, espressioni provenienti da zone diverse della Sicilia. Il risultato è quello di una miscela linguistica originale: non si tratta, infatti, della riproduzione mimetica di parlatema di un linguaggio che, pur partendo da lingue territoriali dell’Isola, si propone come autonomo e d’invenzione. La scelta dei territori linguistici avvalora l’intento di costruire, anche attraverso il linguaggio, un percorso cronologico del racconto. Nella prima parte del racconto predominano i dialetti gallo-italici di alcune zone della Sicilia (Nicosia e Sperlinga, dapprima; Piazza Armerina e Aidone, poi); il sapore arcaico di queste parlate lascia spazio ad un siciliano sei/settecentesco nella parte centrale; la storicizzazione linguistica si attenua nel finale e il parlato si fa piano e quotidiano.
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